domenica 1 novembre 2015

La casa senza padrone


Crediamo di avere un solo io, ma in realtà in noi albergano tanti diversi “io”.


Esiste l’io emotivo, l’io romantico, esiste quel nostro io insicuro o al contrario spavaldo, violento, generoso, ecc.


Le nostre contraddizioni a volte si manifestano per uno scontro di aspetti di noi diversi, che convivono e si manifestano a loro piacimento. Ogni io prende le redini della personalità e fa le veci degli altri, per questo si è ingannati che sia solo uno. L’io nel momento che è presente si crede l’unico, ma non è così.

C’è una vera anarchia nella nostra personalità. Noi crediamo di avere Volontà, ma nel corso della nostra esistenza, ci rendiamo conto del caos totale dentro di noi. Ogni io ha il suo ruolo, che emerge a seconda delle circostanze esterne. Ce ne accorgiamo ad esempio se osserviamo una persona che frequentiamo abitualmente come amico, mentre sta in famiglia o con un collega. L’atteggiamento cambia, perfino il tono di voce può modificarsi.

Metafora della casa senza padrone.
Immaginiamo una casa con all’interno dei servitori, senza un padrone. Il lavoro svolto dai servitori non è diretto da nessuno, quindi in casa esiste un’anarchia ed un caos totali. Ogni servitore si sente libero di fare quello che vuole, e si crea confusione tra un ruolo e l’altro.


Ad un certo punto dei servitori si rendono conto di voler cambiare la situazione, e decidono di assumere “un maggiordomo”.

A questo punto il maggiordomo inizia ad osservare, per capire cosa sta succedendo in casa. Il solo fatto di osservare, modifica la situazione. Questo “testimone” osserva senza giudicare, non interferisce in alcun modo, ma basta la sua presenza e la sua osservazione costante a modificare il comportamento dei servitori.

Cosa succede nell’essere umano? Ci è mai capitato di esternare la cosa sbagliata in un contesto non adatto? Ad esempio durante un colloquio di lavoro, dove dovrebbe emergere la nostra parte intellettuale, ad un certo punto entra in scena la nostra parte emotiva ed insicura che mette a repentaglio la buona conclusione dell’incontro.
Queste sono reazioni scomposte dei nostri io, i servitori senza padrone.


Ecco che ad un certo punto alcune parti di noi decidono di cambiare la situazione e ci costringono a iniziare un Lavoro su noi stessi. Queste parti di noi sono ispirate dall’essenza, dall’anima stessa che riesce a farsi sentire quel poco che basta. Essa è ancora un embrione, una scintilla che aspetta a diventare fiamma.




L’osservatore non giudica in alcun modo.
Se stiamo giudicando stiamo guardando con una parte della nostra personalità. Stiamo osservando in maniera sbagliata, non dobbiamo osservarci con moralità e giudizio, questo potrebbe essere pericoloso a livello psicologico. L’osservatore è pura presenza distaccata, e non fa nulla per modificare la situazione. Egli osserva senza fare interferire.

Attraverso l’osservazione prendiamo progressivamente le distanze dai meccanismi psicologici osservati: la rabbia, la felicità, il dolore, ecc. Le emozioni negative tramite l’osservazione perdono la loro energia mentre l’osservatore, il “maggiordomo”, ne guadagna. Questo ci permette di identificarci sempre più con questa entità che ad un certo punto diverrà il padrone di casa: l’anima.

Il lavoro su se stessi si basa soprattutto sull’osservazione. Il miglior modo di farlo è ricordarsi di sé, un’osservazione concentrata nel qui e ora che ci porta a essere presenti a noi stessi. Osserviamo l’attività della nostra personalità senza giudicare e interferire, non dobbiamo fermare l’emozione ma osservarla, accettarla, senza voler cambiare niente. Ciò che opera la trasmutazione non è la nostra volontà di cambiare le cose ma la nostra attenzione.

Per potenziare l’osservazione il mezzo è il ricordo di sé, essere presenti nel momento in cui si presenta il meccanismo psicologico.

Il fine è giungere ad amare ciò che vogliamo cambiare, non cambiare per amarci. Con l’Apertura del Cuore coglieremo la vera Bellezza all’interno e all’esterno di noi.

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